La specificità nella Valutazione dei Rischi


Nello svolgimento del processo di valutazione dei rischi, nella ricerca dei più adeguati strumenti operativi rispetto alle condizioni di lavoro oggetto di esame, vale a dire al tipo, entità e complessità dei rischi presenti, è importante garantire alcuni elementi di qualità. Fra questi, centrale, è la specificità. 

Sorge quindi l’esigenza di un approccio valutativo che consenta di adeguare conoscenze e tecniche di validità generale, alle particolari caratteristiche dei luoghi di lavoro e delle attività.

È del tutto evidente quindi quanto sia limitata, se non inutile, la validità di valutazioni effettuate senza la conoscenza diretta degli ambienti di lavoro e delle attività che vi si svolgono.

Ed a tal proposito è importante ricordare due importantissimi riferimenti legislativi, quali l’art. 2087 del C.C. che considera la particolarità del lavoro e l’art. 33, comma 1, lettera a) del D.lgs 81/08 che precisa la specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale fra le competenze richieste al servizio di prevenzione e protezione aziendale; entrambi i riferimenti legislativi attribuiscono al rispetto della normativa ed alla conoscenza delle peculiari condizioni di lavoro la stessa importanza per una corretta ed efficace attività di prevenzione.

L’esigenza, quindi, della conoscenza ed analisi di tutte le specifiche situazioni che si realizzano nello svolgimento del lavoro, non può che portare ad un sistema partecipativo del processo di valutazione dei rischi, insostituibile per raccogliere tutte le esperienze maturate nel tempo nello svolgimento delle operazioni lavorative, per poter poi analizzarne gli aspetti di rilevanza ai fini della salute e sicurezza sul lavoro.

Per un serio valutatore, si tratta in sostanza di prendere atto che in qualsiasi organizzazione, indipendentemente dalle dimensioni, la conoscenza approfondita delle condizioni con cui si manifestano i rischi sul lavoro, non sono mai patrimonio di un unico soggetto, e perciò si rende necessario utilizzare modalità investigative partecipative.

Il riferimento sempre alle particolari condizioni del lavoro ha portato al passaggio dal sistema di prevenzione tipo Commando-Controllo (DPR anni 50 e normativa fino anni 70) che si fondava su di una valutazione dei rischi non specifica, predeterminata dal legislatore, a quello odierno che propone uno schema organizzativo flessibile, che non pretende più di definire misure specifiche per tutti i tipi di rischio, ma fornisce gli strumenti, soprattutto gestionali, che consentono di elaborare le misure necessarie alle particolarità delle singole attività lavorative.

In virtù di questa nuova impostazione, viene attribuito al sistema di prevenzione aziendale un notevole margine di discrezionalità nella scelta degli strumenti di analisi e nella definizione delle misure di controllo del rischio: il datore di lavoro (o chi per esso,come il SPP) e, per quanto di sua competenza, il medico competente sono chiamati dalla norma a definire in modo autonomo le modalità di analisi e di controllo dei rischi, contribuendo in modo determinante ad una valutazione davvero specifica.

È da sottolineare, infatti, la funzione che gioca ogni specifica condizione al contorno di ogni fonte o condizione di pericolo (legate agli ambienti di lavoro, spazi, attrezzature, agenti fisici, chimici, biologici, modalità operative di lavoro, fattori organizzativi, individuali e relazionali) che determinano il reale livello di rischio ad essa associato.

Fonte: fornaioamico.it

 


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