Si abbassa l’età media di coloro che subiscono infortuni gravi o mortali: serve più formazione


formazione sicurezza sul lavoroIl D.lgs 81/2008, in particolare all’articolo 114, individua la necessità di attivare percorsi interdisciplinari nelle scuole e nelle università per promuovere la cultura della sicurezza sul lavoro. Percorsi che servirebbero a imprimere nelle menti ancora giovani e aperte dei ragazzi i principi e i comportamenti che, se seguiti per tutte la vita, contribuirebbero a ridurre sensibilmente il numero di infortuni e di casi mortali sul lavoro. Una cifra che in questi anni si è andata riducendo in termini assoluti, ma che mostra ancora molti aspetti che destano allarme.
Uno di questi è l’età, sempre più giovane, delle persone che subiscono infortuni anche mortali sul posto di lavoro. Secondo dati recenti forniti dall’Ispesl, infatti, il fenomeno degli incidenti è ancora molto preoccupante – si parla di circa 30.000 persone che ogni anno rimangono invalide – e soprattutto sembrerebbero essere soprattutto i giovani al di sotto dei 34 anni a riportare gli infortuni più gravi.

Dunque persone entrate da non molto tempo nel mondo del lavoro e che hanno meno esperienza di altri colleghi. Questo vuol dire che se si vogliono ridurre gli incidenti bisogna impegnarsi ancora più a fondo nella formazioni dei giovani, a partire dalle scuole. Di questi dati e dei possibili interventi formativi da fare si è discusso recentemente in un convegno organizzato a Roma da Ispesl e Cnel intitolato “La Promozione della cultura della salute e sicurezza nelle scuole. Puntiamo sulla prevenzione per crescere in sicurezza”. Un titolo che già da solo è un programma!

Una particolare attenzione è stata riservata anche al tema della malattie professionali che nel corso di trent’anni si sono drasticamente ridotte di numero – dalle 70.000 degli anni ’70 alle 30.000 attuali – ma che hanno radicalmente cambiato distribuzione tra le varie categorie di lavoratori. Il calo maggiore è avvenuto nel settore dell’agricoltura, seguito da quello dell’industria ma, contemporaneamente, sono aumentate le malattie professionali nel settore ‘terziario’ anche per il riconoscimenti di patologie – come lo stress lavoro correlato – che un tempo non erano considerate.

Tuttavia proprio la diversa distribuzione delle malattie professionali tra le categorie di lavoratori e lo spostamento di queste nel settore dei servizi potrebbe avere l’affetto di cogliere impreparati e per questo, si è rilevato, non bisogna abbassare la guardia ma continuare a mettere in atto una rete capillare di prevenzione e di formazione.

 


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