Stress lavorativo e rischio born out per gli operatori socio sanitari


stress lavoro correlato“Bruciati, esauriti, scoppiati’, si traduce letteralmente così il termine ‘born out’, pericolo dal quale vengono messi in guardia, nel periodo di formazione e tirocinio, coloro che operano nei settori socio sanitari, in quei mestieri cioè che sono legati all’aiuto delle persone con problematiche fisiche, psichiche e sociali. Ne sono certamente un esempio gli infermieri ma anche gli inservienti ospedalieri, gli educatori che lavorano a contatto con tossicodipendenti, disabili fisici e mentali oppure gli insegnanti di sostegno.

Vengono messi in guardia, è vero, ma forse non abbastanza, almeno stando ai dati che sono stati presentati recentemente dall’ IspeslIstituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro. Secondo l’Istituto, infatti, circa un quarto dei lavoratori del settore sanitario segnala un certo disagio psicologico, per lo più dovuto a carichi eccessivi di lavoro e dunque ad un forte accumulo di responsabilità e di stress lavoro correlato.

E se una tradizione letterale di ‘born out’ può sembrare a prima vista eccessiva ci si può sempre ricredere guardando i dati relativi all’incidenza di incidenti sul lavoro tra questi operatori. Secondo le stime dell’Inail, infatti, in questa categoria gli infortuni sono il 30% in più che nella media nazionale, ma non solo: nel periodo 2001 – 2007 si è anche registrato un aumento del 16%, il che lascia presagire sviluppi anche peggiori considerato che mentre la popolazione italiana continua ad invecchiare, e dunque a richiedere una maggiore assistenza, non si assiste sul lato delle politiche socio sanitarie ad un investimento sulla quantità degli operatori socio sanitari a disposizione. Il carico di lavoro per ognuno di loro potrebbe dunque potenzialmente anche aumentare.

A risentire molto di questa situazione sono certamente gli infermieri che attraverso l’Ipasvi, la federazione nazionale a cui fanno capo, ha voluto contribuire al dibattito con un dato significativo: in Italia mancano, rispetto alla stima delle esigenze, circa 66 mila infermieri. Poiché tale mancanza non può tradursi in una mancata assistenza dei malati – anche se il rischio è concreto – nell’immediato si trasforma in un carico di lavoro superiore al dovuto per gli infermieri impiegati, e questo significa anche un aumento del rischio d’infortunio.

 


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