In occasione della giornata mondiale per la salute e sicurezza sul lavoro l’ONU ha commentato i dati relativi al fenomeno infortunistico per il 2009 elaborati dall’INAIL.
Nonostante i risultati siano confortanti in generale perché mostrano una tendenza al ribasso, ancora in Italia muore un lavoratore ogni quindici secondi. Nel mondo 6500 sono i morti sul lavoro ogni giorno, dovuti sia ad incidenti fortuiti che per le conseguenze devastanti di malattie professionali.
I dati lasciano sgomenti, dal momento che il fenomeno infortunistico a livello mondiale è in continua ascesa e grava sull’economia mondiale con un’incidenza pari al 5% del PIL mondiale.
Gli ultimi dati ufficiali per quanto riguarda il nostro paesi sono quelli diffusi dall’Inail per l’anno 2009, che presentano una diminuzione degli infortuni pari al 10,6%, ma sono calcolati sulla base delle denunce pervenute all’istituto e quindi non possono considerarsi veritieri.
Anzi nell’elaborazioni dell’Inail non si tiene conto del lavoro sommerso che incide in maniera rilevante soprattutto nei settori lavorativi a maggior rischio infortunio (Edilizia e agricoltura).
Per di più la crisi economica ha inciso profondamente in questa statistica considerando che meno posti di lavoro corrispondono a meno infortuni.
Le regioni che hanno subito maggiori morti bianche sono la Lombardia, l’Emilia ed il Veneto, zone in cui si concentra il più alto tasso di piccole e medie imprese.
Per quanto riguarda la situazione infortunistica a livello europeo l’Ilo ha diffuso dati allarmanti: 200.000 circa lavoratori europei perdono la vita a causa di infortuni sul luogo di lavoro o per le conseguenze di malattie professionali, ovvero in Europa ogni tre minuti e mezzo muore un lavoratore.
Gli Stati più colpiti sono quelli del nord-europa: Finlandia, Francia Svezia e Danimarca sono le regioni con il più elevato tasso di infortuni lavorativi.
Secondo i dati Eurostat i paesi del blocco di prima adesione UE sono più colpiti rispetto agli stati che hanno aderito all’Unione Europea più recentemente; tali dati si spiegano con il fatto che le stime interne non sempre sono attendibili.